Funeralopolis – A suburban portrait (Alessandro Redaelli, 2017)

Che l’immagine cinematografica rappresenti costitutivamente un’alterità sostanziale rispetto al suo stesso atto di concepimento e, soprattutto, rispetto alle persone che ne propongono a tutti gli effetti l’esistenza e la materializzazione (termine abusato e sicuramente fuori luogo, perché sull’ontologia e sulla materialità dell’immagine si potrebbe aprire un discorso ahimè ben più stimolante di quello che ci costringe in questa sede a rivolgerci a una persona, più che a un’immagine, e già con questo chiedo di capire perché io abbia aperto queste righe accostando i concetti di immagine e della sua materializzazione, e dunque di perdonare la grezzura – indotta – di questa affermazione), che l’immagine sia a tutti gli effetti altro dalla persona in carne ed ossa che la assembli, si diceva, questo era già chiaro, ché un’immagine che non vada oltre alle ristrettezze della singolarità e del particolare non è un’immagine, ma una pubblicità, uno spot che affonda le proprie ambizioni (e, senza dover utilizzare questo termine altezzoso, diciamo la propria condizione di possibilità) dieci metri sotto terra. Certo che, quando è esattamente questo quello di cui ci si trova a dover parlare, vien proprio da incazzarsi. Continua a leggere Funeralopolis – A suburban portrait (Alessandro Redaelli, 2017)

Twin Peaks – The return (David Lynch, 2017)

Si spegne lo schermo.

Starring

KYLE MacLACHLAN

È concluso.

Il flusso straripante partorito dalla ribollente mente di David Lynch ha il suo compimento, e col cavolo che sia qualcosa che abbia la vaga forma di un punto fermo. Le 18 ore che hanno appena azzerato il modo di concepire la serialità televisiva finiscono, ma un mondo è stato scoperchiato. Di fatto niente è finito, se non il girato; tutto il resto è mutevole, cangiante ed ancora in procinto di assumere una forma, in attesa che l’uomo possa dare un nome a ciò che il suo demiurgo gli ha appena donato.

Ma era già successo, o mi sbaglio?

Del resto, “Is it the future or is it the past?

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Sleep has her house (Scott Barley, 2017)

Esperienza in crescendo, questo Sleep has her house (2017), primo test al lungometraggio del gallese Scott Barley, e non si può che parlare di esperienza, immersiva ed (extra)sensioriale, per questo notevole e, paradossalmente, crepuscolare esordio alla regia. Una natura morta, o la morte della natura, che è in sé e per sé un atto di vita, dal momento che la morte è l’attuazione più rigorosa della vita stessa, per quanto, per dirla con Kierkegaard, “nella vita l’unica cosa certa è la morte, cioè l’unica cosa di cui non si può sapere nulla con certezza”. Continua a leggere Sleep has her house (Scott Barley, 2017)